L’accostamento tra le fotografie di architettura della raccolta personale di Camillo Boito con la rivisitazione delle sue opere con le tecniche odierne di ripresa digitale offre spunti per alcune considerazioni non solo tecniche, ma anche metodologiche nella esperienza della visione di luoghi e architetture.
Le modalità di ripresa, immagini analogiche basate sulla fotochimica irreversibile degli alogenuri d’argento, conservano la memoria delle architetture attraverso gli sguardi e le ottiche consuete nei canoni iconografici della prospettiva scenografica e della veduta urbana.
Riportandoci al presente si può considerare come la tecnologia digitale ne abbia ereditato i codici visivi e strumentali, sostituendone le modalità di impressione con un supporto fotosensibile computazionale, ottenendone una nitidissima matrice numerica infinitesimale. Tale risultato configura una immagine ricalibrabile senza limiti, strutturata puntualmente come una trama di metadati che ne possono rendere identificabili tempo, luogo e geometria del campo ripreso.
La fotografia sferica, tra le diverse interpolazioni possibili dell’immagine digitale, risulta di particolare interesse per la visualizzazione di contesti architettonici in quanto, tramite apposti dispositivi di ripresa e di presentazione (su visori personali in VR o AR, o in ambienti di proiezione adeguatamente configurati), è possibile captare e restituire l’intero campo globale di visuale recepibile a 360°, supportato in una immagine a geometria equirettangolare, che conserva i dati posizionali e l’orientamento spaziale di ogni pixel. Tali immagini, sebbene finalizzate a presentazioni interattive ed ambientali, si presentano già come degli artefatti visivi di caratteristiche notevoli, pur richiedendo la cognizione e l’interiorizzazione di un codice di interpretazione di prospettiva polare ancora non ancora molto consueto. In tali vedute si possono captare globalmente l’intero orizzonte percettivo dove sono compresenti: la visione centrale (prospettica), la veduta marginale (emergenza dinamica operativa), la cognizione del retro dell’osservatore (memoria prossemica e modellizzazione mentale dello spazio circostante).